L’olio extravergine di oliva è una delle presenze più fedeli nelle cucine italiane. Sta lì, sul ripiano o accanto al fornello, pronto a finire su una bruschetta, un’insalata o un piatto di pasta. Ma c’è una domanda che molti si fanno solo quando il sapore inizia a cambiare, o quando l’etichetta ci mette davanti a una data precisa: quanto dura davvero un olio extravergine?
La risposta non è semplice, perché non dipende solo dalla scadenza stampata sulla bottiglia. Dipende da come è stato prodotto, da come è stato conservato e, soprattutto, da come è stato trattato una volta aperto.
Parlare di durata, quindi, significa parlare anche di qualità, di materia prima e di attenzione.
Non tutti gli oli invecchiano allo stesso modo. E non tutti meritano di restare in cucina per mesi.
Un olio EVO artigianale come quello prodotto da Olio Barilese, nasce con una cura tale da mantenere inalterate le sue caratteristiche molto più a lungo rispetto a un extravergine da scaffale, standardizzato e lavorato su larga scala.
La data di scadenza è solo un’indicazione
Su ogni bottiglia è obbligatorio indicare una data, ma non si tratta di una “scadenza” vera e propria. È una data di preferibile consumo, che generalmente viene fissata a 18 mesi dalla produzione.
Questo però non significa che, superato quel termine, l’olio diventi dannoso o non più commestibile. Più correttamente, può aver perso parte delle sue qualità organolettiche dell'olio, soprattutto il profumo, la vivacità gustativa e il contenuto in polifenoli.
Un olio conservato male può deteriorarsi anche prima dei 18 mesi. Al contrario, uno ben fatto, tenuto in condizioni ottimali, può restare eccellente anche oltre i due anni.
Il tempo comincia a scorrere dal frantoio
La durata di un olio EVO si misura a partire dal momento della sua estrazione. È in quel preciso istante che il prodotto è al massimo della sua forza: profumato, ricco, vegetale, vivo. Da lì in poi, inizia un lento e naturale processo di ossidazione.
Ogni giorno, una piccola parte delle sue proprietà si attenua. Non si tratta di un degrado immediato, ma di una trasformazione graduale, inevitabile, che può essere rallentata — o accelerata — in base a come lo si conserva.
Luce, ossigeno, temperatura e tempo sono i quattro fattori chiave che ne determinano la resistenza.
La conservazione: il vero spartiacque
La verità è che un olio può essere di qualità eccellente ma perdere il suo carattere in poche settimane, se mal conservato. E viceversa, un buon olio ben custodito può mantenersi inalterato anche a lungo.
Il primo nemico è la luce diretta, che accelera l’ossidazione. Per questo le bottiglie migliori sono in vetro scuro o in latta, e per questo è sconsigliato travasarlo in contenitori trasparenti.
Anche l’aria è un elemento critico. Una volta aperta la bottiglia, l’olio entra in contatto con l’ossigeno, che ne modifica lentamente la struttura. Più aria c’è nel contenitore, più velocemente avanza il processo di deterioramento.
La temperatura ideale è tra i 12 e i 18 gradi. Il calore — eccessivo o altalenante — può danneggiare seriamente gli aromi, così come il freddo intenso (che lo fa gelare e separare).
Infine, c’è il tempo, che non va demonizzato, ma rispettato. Non bisogna conservare l’olio per anni “in attesa dell’occasione giusta”. L’occasione giusta è adesso.
L’olio si degusta, non si archivia
C’è una tendenza, soprattutto con gli oli pregiati, a trattarli come se fossero reliquie da conservare. Si usano con parsimonia, si tengono da parte per chissà quale piatto speciale.
Ma l’olio è un alimento vivo, non un bene da collezione.
È fatto per essere consumato, per essere versato generosamente, per accompagnare i piatti della quotidianità.
Ogni giorno in cui non lo usi, è un giorno in cui perde qualcosa. Non lo stai risparmiando: lo stai lasciando svanire.
Come capire se l’olio è ancora buono
La regola d’oro è: affidati ai sensi.
Un olio che ha superato il suo momento ideale non sarà tossico, ma sarà piatto, privo di freschezza, talvolta rancido o con retrogusti metallici.
All’apertura:
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osserva il colore (che deve essere naturale, non eccessivamente scuro)
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annusa per percepire se ci sono odori sgradevoli o note di stantio
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assaggia: se l’olio è amaro, erbaceo, se pizzica in gola e lascia la bocca pulita, allora è ancora in forma.
Se invece è oleoso, untuoso, privo di tensione gustativa, allora ha semplicemente fatto il suo corso.
Quanto dura davvero una bottiglia aperta?
Una volta aperto, un olio extravergine dovrebbe essere consumato entro 2-3 mesi per godere pienamente della sua espressione. Può durare anche più a lungo, ma tenderà ad appiattirsi.
È per questo che si consiglia di acquistare bottiglie di formato adeguato al proprio consumo. Una famiglia che usa l’olio tutti i giorni può tranquillamente optare per un litro o più. Ma chi lo usa solo saltuariamente dovrebbe scegliere bottiglie più piccole, da 250 o 500 ml, per evitare sprechi di qualità.
Più che una data, è una responsabilità
In fondo, la vera durata dell’olio extravergine non si misura in mesi, ma in attenzione e consapevolezza.
Conservarlo bene, usarlo spesso, trattarlo con rispetto: sono questi i gesti che lo mantengono buono, autentico, efficace.
Non c’è bisogno di inseguire continuamente l’olio “nuovo”, se poi quello che abbiamo in dispensa viene dimenticato o trascurato. Meglio un buon olio di sei mesi, conservato al buio e usato con intelligenza, che uno freschissimo già in fase decadente.
